Dove Va l’UniSi? – riflessioni sull’università d’elite: analisi di una tendenza

Venerdì 1 Dicembre abbiamo partecipato alla bella assemblea chiamata da Noi Restiamo di cui avevamo già parlato.

Per noi è sempre stato centrale un discorso sull’università, che diventa per forza di cose anche un’analisi sulla città. Di seguito il testo completo del nostro contributo.

La storia universitaria della città di Siena è lunga e complessa e non può essere riassunta in un documento di poche pagine, ma è necessario fissare alcuni punti cardine. È chiaro che dagli anni novanta in poi la trasformazione dell’istituzione universitaria è stata centrale nello scenario cittadino e che città e università non possano esser viste come dimensioni separate. Dobbiamo quindi fare una piccola premessa, partendo proprio dalla città in sé. Siena è sempre stata uno dei centri più ricchi della Toscana, ma con delle radicali differenze rispetto al resto della regione: a Siena non c’è un tessuto produttivo paragonabile alle altre città, qui non troviamo il tessuto industriale che caratterizza altri centri regionali, non c’è il porto di Livorno, né le grandi fabbriche di Prato e Empoli o le più specializzate di Arezzo, è inoltre decisamente molto più piccola di Pisa o Firenze anche per il numero degli studenti fuori sede presenti; la ricchezza di Siena è stata ancorata alle sue tre maggiori istituzioni: il Monte dei Paschi, la fondazione MPS e l’Università degli Studi. Queste sono sempre state governate tramite meccanismi di egemonia dal PD e dai suoi predecessori, in particolare la fondazione è sempre stata centrale nel gioco: era suo il compito, foraggiata dal Monte, di redistribuire ricchezza sul territorio sotto forma di finanziamenti e infrastrutture. Siena è dunque piccola città con un ateneo di media grandezza che presenta notevoli complessità dovute a questo circolo “virtuoso” che si è imposto tra le sue istituzioni e la sua classe dirigente. L’università in questo quadro ha rappresentato una delle maggiori possibilità di arricchimento da parte della borghesia cittadina, possibilità che si è voluto trasformare in realtà tramite precise scelte politiche. Continua a leggere

Braccia o persone? Categorie neoimperialiste del discorso sui migranti – pt. 1

La loro lotta per la vita è anche la nostra!

La marcia dei migranti da Cona, dove si trovavano in un centro di accoglienza in condizioni di estrema precarietà, a Venezia.

La migrazione di donne e uomini verso l’Italia è un fenomeno relativamente recente, se si pensa ad altri contesti come la Francia o la Germania; per un lungo periodo l’Italia non è nemmeno stata dotata di una legislazione chiara in materia, e quando finalmente ha deciso di prendere l’iniziativa i risultati sono stati nella buona parte dei casi peggiorativi delle condizioni dei migranti. La retorica che ha sempre tenuto il campo, nel dibattito pubblico e nella politica italiana, è sempre stata in questo senso pregna di un ragionamento utilitaristico, che nulla ha a che fare con le reali necessità del primo attore coinvolto nel processo migratorio: il migrante stesso, che esiste solo come soggetto muto nel piano legislativo italiano.

Ad oggi questa rappresentazione tutta culturale e pregiudiziale è centrale sia nel discorso sfrontatamente razzista della destra salviniana, sia nel pietismo liberale di una certa “sinistra” politica che non ha intenzione di cedere nulla della sua posizione di dominatore occidentale. Il ragionamento appiattito su un mero dato tecnico porta a negare ogni tipo di agentività politica ai migranti, che dal canto loro subiscono questi processi di vera e propria acculturazione forzata e di razzismo in una posizione svantaggiata nei rapporti di forza. In pochi purtroppo in Italia si sono scomodati per coinvolgere i migranti in processi politici reali che li interessavano, questi spesso purtroppo sono ridotti ad un soggetto senza voce. Continua a leggere

Il 4 novembre, i Parà e la Somalia nel ’93

Oggi, 4 novembre, si festeggia la vittoria (?) dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Al di là della retorica post-risorgimentale che ha sempre ammantato la narrazione della Grande Guerra, la ricorrenza è meglio nota come “giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate”.

Tale giornata, insieme a quella del 2 giugno in cui vengono fatti sfilare tutti i rambos dell’EI, ha lo scopo di restituire un’immagine edulcorata ed eroica, nonché virile e orgogliosa dei militari, che in un’Italia così profondamente militarizzata come quella attuale contribuisce al processo di metabolizzazione delle divise che vediamo ogni giorno nelle nostre strade e nelle nostre piazze.

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Barcellona 1 – O Cronistoria di una lotta per la libertà

 

L’opportunità di andare a Barcellona durante il periodo del referendum è stata una di quelle che ti capitano per caso, come quando una qualche congiunzione astrale fa coincidere una serie di fatti e persone. E soprattutto i prezzi dei biglietti aerei.

Con il comitadu sardu pro su referendum de sa Catalunya abbiamo aperto un processo di solidarietà iniziato quest’estate, organizzando incontri con figure istituzionali, controinformazione e sit-in. Poi, circa un mese fa, si è presentata l’occasione, per alcuni di noi, di essere là, assistere al passaggio dello “Spirito del mondo a cavallo”.

Siamo partiti in quattro, due dalla Sardegna e due dal Continente. Ovviamente il sottoscritto è partito dal “di qua del Tirreno”, da Pisa, il sabato pomeriggio. Continua a leggere