L’ITALIA È UN PAESE DI MERDA

Succede che un fascista dichiarato, nonché candidato con una lista xenofoba alle ultime amministrative, spara addosso a dei ragazzi africani e semina il panico in una cittadina tranquilla come Macerata, dove qualche giorno fa si è verificato un fatto di sangue efferato ma ancora tutto da chiarire, poiché sulle dinamiche ancora non è stata fatta luce. Il principale indiziato è un nigeriano. Succede che è solo l’ennesimo caso di violenza razzista in Italia negli ultimi 6 anni; non dimentichiamoci l’assassinio dei due ragazzi senegalesi a Firenze nel 2011 ad opera di un fascista che bazzicava gli ambienti di Casapound e del ragazzo massacrato con un palo da un tesserato allo stesso partito della sezione di Fermo. Ora, quelli che dicono che il fascismo non esiste più, che non ha senso risvegliare vecchie ideologie, che opporre “violenza” alla violenza è sbagliato, cosa diranno riguardo quanto accaduto? Continue reading

UNA STORIA CHE VALE LA PENA RACCONTARE

Le ultime rivelazioni l’assassinio di Sakine Cansiz e di altre due attiviste Fidan Doğan e Leyla Şaylemez avvenuto a Parigi il 9 dicembre 2013 presso il Centro di Informazione per il Kurdistan hanno gettato luce su uno dei capitoli più tristi della storia dei rapporti tra occidente e stato turco.

Questo articolo viene pubblicato durante le ore tragiche dell’attacco da parte dello stato turco contro la popolazione del cantone di Afrin, nel Rojava liberato dall’occupazione di Daesh. Ai compagni va tutta la nostra solidarietà e la nostra complicità, dal nostro piccolo speriamo che anche queste poche righe possano aiutare a dare visibilità alla lotta del popolo curdo in un occidente troppo sordo.

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La sostenibilità istituzionale della retorica neofascista

A Siena si discute oramai da quasi nove mesi di un regolamento comunale contro la concessione degli spazi pubblici ai gruppi razzisti e neofascisti, sulla falsariga di diverse amministrazioni italiane. Con tutti i limiti del caso, la proposta rappresenterebbe comunque un punto simbolico e un avanzamento rispetto allo stato attuale delle cose. Oggi viviamo in un nebuloso limbo di semi-legittimazione che di fatto finisce per tutelare  e coltivare i gruppi neofascisti. La proposta a Siena nasce dal basso e prende piede, ma ancora non si vede una luce alla fine del tunnel: il percorso suggerito da Rete Antifascista e Anpi si è bloccato in un marasma burocratico, fatto di omertà e rimandi continui. L’ultimo atto è andato in scena ieri nel consiglio comunale, con l’ennesimo rinvio della votazione, a causa delle numerose assenze che hanno decimato la maggioranza. A questi personaggi interessa veramente combattere il neofascismo?

Da parte nostra continuiamo a sostenere la centralità dell’antifascismo militante, di strada, e non ci siamo mai fatti illusioni sulla portata concreta di una misura come questa; ma al di là della fiducia nei meccanismi e nei riferimenti istituzionali ciò che non abbiamo è la pazienza di aspettare i comodi di chi probabilmente non ha nessun interesse a combattere il neofascismo. Se l’amministrazione non si assume una responsabilità politica precisa siamo convinti che Siena darà una risposta di popolo e di movimento.

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Dove Va l’UniSi? – riflessioni sull’università d’elite: analisi di una tendenza

Venerdì 1 Dicembre abbiamo partecipato alla bella assemblea chiamata da Noi Restiamo di cui avevamo già parlato.

Per noi è sempre stato centrale un discorso sull’università, che diventa per forza di cose anche un’analisi sulla città. Di seguito il testo completo del nostro contributo.

La storia universitaria della città di Siena è lunga e complessa e non può essere riassunta in un documento di poche pagine, ma è necessario fissare alcuni punti cardine. È chiaro che dagli anni novanta in poi la trasformazione dell’istituzione universitaria è stata centrale nello scenario cittadino e che città e università non possano esser viste come dimensioni separate. Dobbiamo quindi fare una piccola premessa, partendo proprio dalla città in sé. Siena è sempre stata uno dei centri più ricchi della Toscana, ma con delle radicali differenze rispetto al resto della regione: a Siena non c’è un tessuto produttivo paragonabile alle altre città, qui non troviamo il tessuto industriale che caratterizza altri centri regionali, non c’è il porto di Livorno, né le grandi fabbriche di Prato e Empoli o le più specializzate di Arezzo, è inoltre decisamente molto più piccola di Pisa o Firenze anche per il numero degli studenti fuori sede presenti; la ricchezza di Siena è stata ancorata alle sue tre maggiori istituzioni: il Monte dei Paschi, la fondazione MPS e l’Università degli Studi. Queste sono sempre state governate tramite meccanismi di egemonia dal PD e dai suoi predecessori, in particolare la fondazione è sempre stata centrale nel gioco: era suo il compito, foraggiata dal Monte, di redistribuire ricchezza sul territorio sotto forma di finanziamenti e infrastrutture. Siena è dunque piccola città con un ateneo di media grandezza che presenta notevoli complessità dovute a questo circolo “virtuoso” che si è imposto tra le sue istituzioni e la sua classe dirigente. L’università in questo quadro ha rappresentato una delle maggiori possibilità di arricchimento da parte della borghesia cittadina, possibilità che si è voluto trasformare in realtà tramite precise scelte politiche. Continue reading

Atenei di classe made in Bruxelles – verso l’assemblea del 1 dic a Bologna

Dai nostri primi momenti fondativi come Collettivo Politico Porco Rosso ci siamo subito posti il tema di cosa stesse diventando l’Università. Dell’agibilità politica degli atenei italiani da parte delle istanze studentesche è rimasto ben poco a fronte di quello che, a nostro avviso, è stato un forte restringimento degli spazi democratici; mentre i resti di quel sano confronto con le altre componenti accademiche sono stati sacrificati sull’altare della nuova logica aziendale. Ci siamo interrogati anche sulle ricadute sociali di questo nuovo sistema, con le conseguenze che vediamo in tutte le nostre città, fatte di esclusione dei gruppi più svantaggiati come, appunto, diventano gli studenti fuori sede. Ci siamo fatti due domande su da dove venissero le spinte verso la riduzione delle università a fabbriche di cervelli caldi e pronti per il mercato del lavoro neoliberista. 

Per questo abbiamo accettato con entusiasmo l’invito da parte dei compagni di Noi Restiamo a partecipare all’assemblea del 1 dicembre.  Di seguito troverete un’estratto del nostro contributo e l’appello della giornata.

Ci vediamo al 22 di via Zamboni – aula 3 – ore 16! Qui il link dell’evento Facebook.

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Il primate nazionale e l’indignazione liberale

Bene, il dato è oggettivo: l’amichetto di CasaPound ad Ostia ha picchiato un giornalista senza motivo. Il “primate nazionale” in bomber ha spaccato la faccia con una testata del malcapitato che chiedeva solo la sua opinione sui fascisti del terzo millennio. Non mettiamo in dubbio che sia giusto indignarsi, che sia sacrosanto chiedere giustizia; presto però finirà l’ondata di legalitarismo liberale, surclassata da un’altra notizia che i media mainstream rilanceranno in modo martellante per qualche giorno. Passeranno a un’altra notizia, e poi a un’altra e così via; il paese intero, dopo la finta e velleitaria “catarsi antifascista”, potrà tornare a ignorare il problema reale che fa invece tanto comodo al modello messo in piedi nell’UE: i fascisti. Continue reading

Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine… tanti saluti!

DA DOVE VIENE LA REPRESSIONE, DOVE CI PORTANO I DECRETI MINNITI

Il 12 aprile il Parlamento ha definitivamente convertito in legge i due decreti, approvati dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 febbraio, che portano la firma del nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti (e nel caso del provvedimento dei migranti, anche quella del ministro della Giustizia Andrea Orlando, opposizione «di sinistra» a Renzi all’interno del Partito Democratico). Dopo l’esperienza del referendum costituzionale che il 4 dicembre ha bloccato momentaneamente i piani controriformatori e reazionari dell’élite italiana ed europea riguardo la Carta Costituzionale, le minacce riguardanti l’instabilità e la mancanza di alternativa si sono rivelate per quello che erano: minacce, finalizzate a incutere paura e incertezza tra gli elettori, mentre il ceto dirigente italiano preparava il suo piano di riserva. L’alternativa veniva paventata come inesistente, e in un certo senso hanno trasformato questo mantra ideologico in realtà con il governo Gentiloni, fotocopia, per composizione e linee politiche, del governo Renzi contro cui il voto referendario si era espresso con nettezza.

L’esecutivo nato il 12 dicembre scorso si è trovato a capo del paese in una fase fondamentale per l’evoluzione del quadro politico internazionale, proprio nei mesi in cui negli Stati Uniti assumeva il ruolo di Presidente Donald Trump e i principali paesi dell’Unione Europea si trovavano ad affrontare la sfida delle competizioni elettorali (Francia, Olanda, a settembre la Germania, nonché la Gran Bretagna post-Brexit a giugno); tutto questo nello stesso periodo in cui, proprio in Italia, si andavano delineando all’orizzonte fondamentali appuntamenti internazionali come il summit europeo del 25 marzo a Roma per i sessant’anni dalla nascita della Comunità Economica Europea e il G7 a Taormina. In questo panorama in cui si vanno ridefinendo aree di influenza economica e politica a livello globale, in questa fase dirimente per il processo di costruzione e rafforzamento dell’Unione Europea come polo autonomo e competitivo nell’arena della globalizzazione, il governo Gentiloni non poteva essere il governo della transizione che, seppur nelle dinamiche elettorali, riaffida il proprio mandato al popolo attraverso nuove elezioni; invece doveva essere il governo che, nella confusione degli scopi e degli obiettivi della fine della legislatura, nell’apertura di spazi di lotta e di ricomposizione sociale delle fasce più ricattate che la caduta del governo Renzi avrebbe portato, doveva garantire la riuscita di importanti appuntamenti istituzionali senza fastidi, interruzioni e contestazioni, nonché limitare al massimo il moltiplicarsi del dissenso e di quelle sacche di resistenti che continuano a combattere contro le politiche di austerità, la cancellazione dei diritti dei lavoratori e la destrutturazione del welfare state; bisognava incutere timore, criminalizzare, frammentare e reprimere, nella più classica tradizione del divide et impera per salvaguardare il processo di affermazione dell’UE nei giochi degli imperialismi mondiali. La persona a cui era stato affidato il compito di realizzare questa linea strategica è stato proprio Minniti, già legato agli ambienti della Difesa e dei Servizi Segreti.

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Siena tra Università di classe e Città vetrina

Negli ultimi anni abbiamo visto cambiare Siena sotto i nostri occhi. Di questo processo di mutazione non possiamo non cogliere alcune fondamentali contraddizioni: esistono dei processi in atto che devono essere analizzati al di là del discorso semplificatorio che sempre più spesso ci viene consegnato come unico punto di vista valido dai giornali e dalle istituzioni cittadine stesse.

Dal nostro punto di vista di giovani, di quella generazione che non si vuole arrendere al precariato e alle imposizioni della nostra epoca, abbiamo notato due preoccupanti fenomeni chiara espressione di una unica e precisa volontà politica: mentre da una parte si vuole rendere l’università un luogo d’elite asettico ed alienato dal tessuto urbano reale, dall’altra si tenta di trasformare il centro cittadino in un luogo-vetrina a uso e consumo del turismo giornaliero e stagionale, togliendo spazio a quelle forze vitali che rendono la città vivibile e accogliente.

Dove qualcuno parla di degrado noi vogliamo parlare di inclusione, dove qualcuno vuole trasformare l’università in un luogo per pochi noi rispondiamo con la nostra elaborazione dal basso e con il diffondere quella cultura critica e antagonista che ci appartiene.

Dobbiamo però notare come queste tendenze non siano solo senesi, ma abbiano bisogno di essere messe a sistema con quanto accade in molte altre città italiane. Continue reading

Marxismo e Accademia. Riflessioni sul socialismo della cattedra

Il cinque luglio di quest’anno veniva pubblicata su Micromega una lunga e appassionante intervista al sociologo Erik Olin Wright, uno degli esponenti di spicco della “scuola” (se così si può almeno approssimativamente definire) del marxismo analitico. Il lavoro di Olin Wright si è concentrato principalmente sulla questione della operazionalizzazione del concetto marxiano di classe sociale.

Ogni studioso di Marx sente (o dovrebbe sentire) di avere un debito di una certa importanza nei confronti dei “marxisti analitici” (ad Olin Wright affianchiamo Elster, Roemer, Bowles). Il loro lavoro ha permesso di liberare la componente strettamente positiva (ovvero ‘scientifica’ nel senso più stretto del termine) del lavoro di Marx dai sedimenti metafisici, dalle incrostazioni, dalle confusioni delle interpretazioni (o manipolazioni) successive. Quest’opera è chiaramente di importanza fondamentale per la ricerca sociale, permette di formulare ipotesi e modelli in maniera tale da poter essere (con tutte le cautele del caso) verificabili, permette in definitiva un avanzamento complessivo della nostra coscienza della società. Per questo l’intervista merita di essere letta con grande interesse e piacere. Continue reading

Il Caos non è in Pantaneto, ma sui giornali: Cominciamo a parlare della nostra città

Pubblichiamo di seguito un nostro approfondimento sulla questione “degrado in via Pantaneto” che ha tanto agitato le piccole menti dei pennivendoli cittadini a Siena la scorsa primavera. 

Il testo era già comparso il 2 aprile 2017 sulla nostra pagina fb – CPPR

Con la primavera spuntano fuori le vecchie polemiche: all’ordine del giorno questa domenica è tornato il tema del presunto ‘degrado’ di via Pantaneto. La scintilla dell’acceso dibattito odierno sembra essere un episodio del sabato sera: un carosello di alcune decine di persone che per venti o trenta minuti si sono affollate nella via, cantando e ballando. Un episodio fondamentalmente poco significativo, che nottetempo si è trasformato in ‘caos’ e in problema per l’ordine pubblico grazie a una solerte opera di ingigantimento della notizia.

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