Siena tra Università di classe e Città vetrina

Negli ultimi anni abbiamo visto cambiare Siena sotto i nostri occhi. Di questo processo di mutazione non possiamo non cogliere alcune fondamentali contraddizioni: esistono dei processi in atto che devono essere analizzati al di là del discorso semplificatorio che sempre più spesso ci viene consegnato come unico punto di vista valido dai giornali e dalle istituzioni cittadine stesse.

Dal nostro punto di vista di giovani, di quella generazione che non si vuole arrendere al precariato e alle imposizioni della nostra epoca, abbiamo notato due preoccupanti fenomeni chiara espressione di una unica e precisa volontà politica: mentre da una parte si vuole rendere l’università un luogo d’elite asettico ed alienato dal tessuto urbano reale, dall’altra si tenta di trasformare il centro cittadino in un luogo-vetrina a uso e consumo del turismo giornaliero e stagionale, togliendo spazio a quelle forze vitali che rendono la città vivibile e accogliente.

Dove qualcuno parla di degrado noi vogliamo parlare di inclusione, dove qualcuno vuole trasformare l’università in un luogo per pochi noi rispondiamo con la nostra elaborazione dal basso e con il diffondere quella cultura critica e antagonista che ci appartiene.

Dobbiamo però notare come queste tendenze non siano solo senesi, ma abbiano bisogno di essere messe a sistema con quanto accade in molte altre città italiane.

L’UNIVERSITA’ D’ELITE

L’università degli Studi di Siena da anni ormai ha cominciato un processo che a prima vista può sembrare autodistruttivo, ma che le permette di sopravvivere in un clima che si è diffuso ormai ampiamente dalla riforma Gelmini in poi in ogni istituzione universitaria nazionale. Di fatto per rispondere ai vincoli di bilancio e alle logiche prettamente aziendalistiche (che oramai costituiscono la cultura di governo fondamentale, dentro e fuori le università) si è deciso a tavolino di cambiare la vera e propria natura dell’ateneo per quanto riguarda il numero degli iscritti, passando dall’essere un’università medio-piccola ad una piccola. Non ci si poteva più permettere così tanti studenti, meglio averne di meno e soprattutto paganti. Di fatto c’è stata una vera e propria campagna di respingimento verso chi ha minori mezzi economici. Questo risultato è stato ottenuto in primis grazie all’aumentare dei corsi a numero chiuso, spacciati per buoni grazie ad una malata retorica meritocratica; è però ormai evidente come l’accesso a questi corsi nella buona maggioranza dei casi sia riservato solo a chi ha determinate capacità economiche, anche volendo tenere fuori i veri e propri casi di clientelismo e favoritismo. Per molti è diventato sempre più difficile il pensare di rimanere in sospeso anche per anni in attesa di passare un test di accesso. Mentre i pochi che possono permettersi tempo e formazione privata aggiuntiva percorrono la loro corsia preferenziale verso una carriera.

Questa tendenza senese è in realtà in linea con gli sviluppi politici nazionali degli ultimi anni. Sul fronte finanziario la policy di Unisi assume una fisionomia più specifica. A partire dal 2012 l’università è entrata, a seguito di un periodo di amministrazione temeraria e a tratti illecita, in un severo clima da spending review, che ha portato con sé la svendita del patrimonio immobiliare, l’azzeramento degli investimenti, una severa riduzione dei servizi agli studenti e dei corsi di laurea. Per portare alcuni casi concreti del declino dell’Università di Siena: la chiusura del corso di Economia nel 2013, la vendita del plesso S.Niccolò, la chiusura fino a data da destinarsi della Cripta di S. Francesco, la riduzione degli orari di apertura della Sala Rosa, il tentativo (sventato dalla mobilitazione di studenti e docenti) di smatellare la biblioteca di area umanistica di Fieravecchia.

In questo contesto di ‘declino pilotato’, la politica didattica tende per giunta a conformarsi ad un modello “traineristico”, a diffondere e promuovere un sapere addomesticato, finalizzato alla creazione di burocrati e forza lavoro disciplinata, sempre meno orientato al pensiero critico e complesso. Oggi nell’università si insegna quasi solamente ciò che è utile al mercato, ingnorando totalmente il primario compito di formazione critica.

UNA CITTA’ VETRINA

Quanto detto sull’Università non può essere scisso da un altro fenomeno, molto più evidente agli occhi di tutti, che segue dei tracciati politici simili. Quello che sta succedendo a Siena è una strategia che abbiamo visto in atto in altre città, sotto forme differenti ma spesso con le stesse parole d’ordine: lotta al degrado, decoro urbano, sicurezza sono diventate le parole d’ordine con cui si tenta di trasformare i nostri quartieri e i nostri rioni.

Siena come altre città vive delle vere e proprie campagne a mezzo stampa atte ad orientare la sensibilità politica dei suoi abitanti. L’ultima trovata portata avanti da alcune testate giornalistiche più o meno tradizionalmente vicine alla destra conservatrice ed oscurantista è stata quella dell’invenzione del “pantadegrado”.

Via Pantaneto è da anni il luogo dove i giovani vengono sistematicamente ghettizzati nel centro della città di Siena, una strada che a parte il fine settimana è quasi totalmente deserta. Quella strada è stata presa e trasformata da certa stampa e dalla destra cittadina in una babilonia di “degrado”, in funzione del tutto strumentale e con tempismo provvidenziale per le elezioni comunali del 2018. Una zona della città forse rumorosa ma fondamentalmente tranquilla è stata dipinta come una scenografia sulla quale immaginare scene improbabili di violenza, criminalità, spaccio, e altri delitti a fantasia. La realtà è radicalmente differente, e ci racconta di come gli studenti siano sempre rimasti un corpo estraneo nel tessuto cittadino, ‘munti’ a dovere dalla speculazione dei proprietari di case e poi relegati in un recinto sempre più stretto.

Chi ne ha fatto le spese per ora non è certo il governo della città, che anzi ha risposto per le rime al j’accuse reazionario a colpi di ordinanze securitarie, nella solita dinamica di rincorsa a destra che si sperimenta un po’ sotto tutte le amministrazioni PD. Tra le manovre e le contromanovre pre-elettorali si è voluto criminalizzare di nuovo la parte più vitale e vulnerabile della città: i giovani e gli studenti. Il comune ha dato risposte sconcertanti, facendo sfilare pattuglie a piedi in via Pantaneto e imponendo restrizioni alla vendita di alcolici. È inoltre di pochi giorni fa la notizia che i paracadutisti della folgore, da sempre allocati a Siena in due caserme, affiancheranno le forze dell’ordine nel controllo della Y storica. Che questa escalation del controllo sia dovuta alla minaccia terroristica, come dichiarato dai responsabili, è ampiamente dubitabile.

Oltre a dare il via ad un vero e proprio clima di intimidazione verso tutti i frequentatori del centro cittadino, questo atteggiamento ha creato a tavolino il terreno fertile per la destra neofascista e razzista,che in varie formazioni cerca di riguadagnare terreno in una città stagnante in termini economici, sociali, politici.

Noi oggi vogliamo di più di un’università che ti propina solo il pensiero dominante e elimina il criticismo, non ci basta una città fatta solo a misura del turismo giornaliero come vorrebbero il PD e le destre.

Lotteremo sempre, insieme a tutti coloro che credono in una città inclusiva e che rispetti le esigenze della nostra generazione, per un modello differente e nuovo!