La migrazione di donne e uomini verso l’Italia è un fenomeno relativamente recente, se si pensa ad altri contesti come la Francia o la Germania; per un lungo periodo l’Italia non è nemmeno stata dotata di una legislazione chiara in materia, e quando finalmente ha deciso di prendere l’iniziativa i risultati sono stati nella buona parte dei casi peggiorativi delle condizioni dei migranti. La retorica che ha sempre tenuto il campo, nel dibattito pubblico e nella politica italiana, è sempre stata in questo senso pregna di un ragionamento utilitaristico, che nulla ha a che fare con le reali necessità del primo attore coinvolto nel processo migratorio: il migrante stesso, che esiste solo come soggetto muto nel piano legislativo italiano.
Ad oggi questa rappresentazione tutta culturale e pregiudiziale è centrale sia nel discorso sfrontatamente razzista della destra salviniana, sia nel pietismo liberale di una certa “sinistra” politica che non ha intenzione di cedere nulla della sua posizione di dominatore occidentale. Il ragionamento appiattito su un mero dato tecnico porta a negare ogni tipo di agentività politica ai migranti, che dal canto loro subiscono questi processi di vera e propria acculturazione forzata e di razzismo in una posizione svantaggiata nei rapporti di forza. In pochi purtroppo in Italia si sono scomodati per coinvolgere i migranti in processi politici reali che li interessavano, questi spesso purtroppo sono ridotti ad un soggetto senza voce. Continua a leggere