Pubblichiamo di seguito un nostro approfondimento sulla questione “degrado in via Pantaneto” che ha tanto agitato le piccole menti dei pennivendoli cittadini a Siena la scorsa primavera.
Il testo era già comparso il 2 aprile 2017 sulla nostra pagina fb – CPPR
Con la primavera spuntano fuori le vecchie polemiche: all’ordine del giorno questa domenica è tornato il tema del presunto ‘degrado’ di via Pantaneto. La scintilla dell’acceso dibattito odierno sembra essere un episodio del sabato sera: un carosello di alcune decine di persone che per venti o trenta minuti si sono affollate nella via, cantando e ballando. Un episodio fondamentalmente poco significativo, che nottetempo si è trasformato in ‘caos’ e in problema per l’ordine pubblico grazie a una solerte opera di ingigantimento della notizia.
In primo luogo ci preme denunciare questa pericolosa rincorsa al sensazionalismo e alla criminalizzazione dello studente: invece di collocare una problematica (che senza dubbio esiste e va affrontata) nella prospettiva corretta e stimolare un dibattito franco e disteso, il mondo dell’informazione locale si preoccupa di gettare benzina sul fuoco, costruire muri tra residenti e studenti, sollecitare nei lettori le emozioni e gli istinti più bassi. Questa tendenza finisce per favorire improbabili derive securitarie e lasciare intatte le cause strutturali del problema. Non esiste ‘degrado’ in Pantaneto, né ‘caos’, che si possa scaricare serenamente sulla coscienza collettiva della popolazione studentesca; non ci sono casi rilevanti di violenza o distruzione: esiste certamente un fenomeno di rumore che è fisiologico e inevitabile in una zona ad altissima densità di locali notturni, e che non può essere considerato in nessuna maniera responsabilità degli studenti. Con questo non vogliamo minimizzare o nascondere l’effettivo disagio dei residenti della via possono sperimentare, ma ribadire semplicemente che questo disagio non deriva da una presunta inciviltà degli studenti, quanto piuttosto nel fondamentale squilibrio che attraversa la nostra città: una concentrazione enorme di locali in un’unica zona e un completo deserto ricreativo tutt’intorno. Non c’è sostanzialmente possibilità di vivere la città di sera al di fuori di questo “centro del centro”, non c’è modo per i giovani di radunarsi, associarsi, divertirsi lontano da zone residenziali; le poche realtà che offrivano opportunità in questo senso sono morte tutte nel corso degli ultimi cinque anni.
Di fronte a questo quadro, la politica comunale tutta si attarda a parlare di misure di controllo e polizia, a discutere di telecamere ed ordinanze(arriveremo a vietare alle persone di parlare o ridere in strada dopo le due? Al coprifuoco?), ma si rifiuta di affrontare il tema di petto, di re-immaginare una qualsivoglia dimensione associativa e ricreativa sostenibile per la popolazione giovanile. Quali sono i luoghi e le zone che vogliamo destinare alla vita notturna? Quali progetti ci sono per conciliare il diritto dei residenti di dormire al bisogno ineludibile delle ragazze e dei ragazzi di parlare, ridere, cantare? Né da destra né da sinistra arrivano proposte serie in questo senso; e allora, dopo le polemiche primaverili, non ci resta che un rancore artificioso ed una città troppo stretta.